IMPORTANTE

Qualunque sia la vostra opinione personale, o le vostre decisioni in merito alla pratica medica della VACCINAZIONE, siete comunque responsabili della scelta che operate, pertanto avete il diritto-dovere di INFORMARVI.



METTENDO IN PRATICA CIÓ CHE HAI IMPARATO VIVRAI IN BUONA SALUTE

Affinché un vaccino sia efficace, è importante che mantenga la composizione antigenica (cioè le proteine e i polisaccaridi) del patogeno corrispondente e che al contempo sia privo di tutte le caratteristiche che gli consentivano di essere patogeno e quindi di rappresentare un rischio per la salute della persona.

VACCINI OMEOPATICI (Terza parte)

Prima parte
Seconda parte



VACCINI OMEOPATICI
Storia e validità
(Terza parte)




A questo punto, esploriamo in dettaglio l’Omeoprofilassi.

vaccini-omeopatici 


L’uso di rimedi omeopatici nelle epidemie infettive tiene conto delle due leggi fondamentali dell’Omeopatia: la legge dei simili e la legge della dose minima. La legge dei simili dice che per curare una malattia si deve usare un rimedio, cioè una sostanza opportunamente diluita e dinamizzata (6), che sia “simile” alla malattia da curare. La similitudine deve essere tra i sintomi della malattia e i sintomi che il rimedio produce nell’uomo sano. I rimedi omeopatici sono, infatti, sperimentati da donne e uomini sani, che volontariamente assumono il rimedio da testare fino a produrre una serie di sintomi fisici e psicologici, che, nel loro insieme, definiscono l’“immagine” del rimedio.

L’omeopata non fa altro che confrontare i sintomi della malattia con i sintomi del rimedio e sceglierà il rimedio che ha maggiore somiglianza con la malattia. Alla fine, si può dire che si cura la malattia con la stessa sostanza che è in grado di produrre quella stessa malattia. Il rimedio omeopatico, a differenza del farmaco allopatico che agisce quantitativamente, ha azione qualitativa; il che vuol dire che i farmaci allopatici o convenzionali, in ragione delle dosi ponderali determinano effetti fisico-chimici che caratterizzano la loro azione farmacologica ma anche effetti collaterali e reazioni avverse. I rimedi omeopatici sono sostanze naturali, derivate dai tre regni animale, vegetale e minerale, in cui, con i processi di diluizione e di dinamizzazione, si potenziano gli effetti curativi, annullando gli effetti tossici, legati alla componente materiale che, secondo la legge di Avogadro (7), scompare del tutto dopo aver raggiunto la potenza 12CH. Con dose minima s’intende quella dose piccolissima ma sufficiente a stimolare una reazione.
L’omeopatia nasce circa due secoli fa grazie alle intuizioni del medico tedesco Samuel Hahnemann. La prima prova dell’efficacia dei rimedi omeopatici nelle epidemie infettive l’ha data lo stesso Hahnemann nel 1798 durante un’epidemia di scarlattina. All’epoca non erano stati ancora scoperti gli antibiotici e la scarlattina mieteva vittime soprattutto tra i bambini. In base ai sintomi della scarlattina, Hahnemann scelse, sulla base della legge dei simili, un rimedio adatto, Belladonna, che si dimostrò efficace sia nel curare chi era già malato sia nel proteggere chi era sano.

La letteratura omeopatica è piena di esempi come questo e molti sono sostenuti da numeri e statistiche. Ad esempio, in pieno secolo diciannovesimo, l’inglese Dudgeon prescrisse sempre Belladonna in un’epidemia di scarlattina e ottenne i seguenti risultati: su 1646 bambini esposti al contagio solo 123 si ammalarono, cioè solo il 7.4% contro il 90% dei bambini non trattati con Belladonna. L’efficacia di questo “vaccino omeopatico” fu quindi elevata, arrivando al 92,9%. Sempre in quegli anni, l’americano Eaton fronteggiò un’epidemia di vaiolo con un rimedio, Variolinum, ricavato dalle secrezioni delle pustole di vaiolo e poi diluito e dinamizzato fino ad arrivare alla trentesima potenza. Il rimedio fu somministrato a 2806 persone, di queste 547 ebbero un contagio sicuro ma 14 soltanto svilupparono la malattia. La percentuale di efficacia fu del 97,5%.
Nel dare questi due esempi, si vede che i rimedi scelti nelle epidemie sono di due tipi: ci sono i rimedi scelti sulla scorta della similarità dei sintomi della malattia, come Belladonna, e i rimedi ottenuti da tessuti patologici prodotti dalla malattia, come Variolinum. In quest’ultimo caso, la similarità tra malattia e rimedio è massima, dato che il rimedio è ottenuto da un insieme di agenti infettanti e tessuti patologici. I rimedi di questo tipo sono detti “nosodi” e, possiamo dire, in omeopatia esiste un nosode per ogni malattia infettiva.
Nei due esempi dati, il rimedio omeopatico cura i pazienti malati e protegge i sani dall’infezione. E’ però una protezione a breve termine. Esiste, in omeopatia, anche la possibilità di dare una protezione più a lungo termine. Per ottenere questo, si può ricorrere a rimedi scelti sulla base della legge dei simili oppure ai nosodi delle malattie, che somministrati, secondo tempi e scadenze precise, permettono di garantire un’adeguata difesa alle malattie infettive. In questo modo, i rimedi omeopatici possono essere un’alternativa ai vaccini convenzionali.

Un altro aspetto interessante e fondamentale è che questa “vaccinazione omeopatica” non ha rischi collaterali e dà una copertura, tra l’80% e il 90%, sovrapponibile ai vaccini convenzionali.
In tempi più recenti, sono state fatte esperienze su larga scala, soprattutto in Paesi del terzo mondo, dove non ci sono le risorse economiche per campagne vaccinali “all’occidentale” e dove c’è un reale interesse a indagare nuove strategie di profilassi.
Qui di seguito, suddivisi per malattia, elenco alcune di queste campagne di omeoprofilassi moderne.
Chikungunya (La Chikungunya è una malattia virale acuta, tropicale, trasmessa dalle punture di zanzara infetta, con sintomi simili a quelli dell’influenza: febbre alta, cefalea, stanchezza e, soprattutto, infiammazione delle articolazioni con importanti dolori che talora costringono il paziente ad assumere una posizione piegata nel tentativo di alleviare la sofferenza (in swahili, “chikungunya” significa “ciò che curva” o “contorce”). Nel 2006, nella regione del Kerala, in India, un gruppo di medici somministrò, in via preventiva, il rimedio Eupatorium perfoliatum. I risultati dello studio dimostrarono che nel gruppo non protetto i casi superarono il 73 %, mentre nel gruppo protetto i casi che contrassero la malattia, furono il 17%.
Dengue (è una malattia infettiva tropicale causata da un virus trasmesso da una zanzara, si presenta con febbre, dolori articolari e muscolari, esantema simile al morbillo; in alcuni casi evolve verso una febbre emorragica che può portare a shock e morte). Nel 1996 Il Central Council of Research in Homoeopathy indiano, durante un’epidemia di Dengue a Delhi, dispose la somministrazione del nosode Dengueinum 30CH a 39.200 persone durante un’epidemia di Dengue. Dieci giorni dopo, fu osservato che solo 5 persone (lo 0.125%) avevano sviluppato sintomi lievi, mentre i restanti nessun sintomo. Solitamente, secondo le informazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’incidenza media è del 50%, con picchi fino all’80%. Nel 2001, nello stato di San Paolo in Brasile, fu somministrato Eupatorium perfoliatum 30 CH, durante un’epidemia, al 40% della popolazione. L’incidenza dell’infezione nel gruppo delle persone trattate, rispetto ai non trattati, scese dell’81.5%.
L’uso dell’omeoprofilassi nello scongiurare le epidemie di Dengue è stato fatto a Cuba nel 2006, nel 2007 di nuovo nello stato di San Paolo in Brasile, nel 2008 nella contea di Macaé, vicino a Rio de Janeiro, sempre in Brasile. In quest’ultimo caso, l’incidenza della malattia, nei pazienti trattati con l’omeoprofilassi, confrontando i dati delle epidemie precedenti, scese del 93%, mentre tra i pazienti non trattati salì del 123%. Negli anni dal 2008 al 2013 ci sono state altre campagne di prevenzione in Brasile, a Cuba e in India, usando vari rimedi e sempre con ottimi risultati.
Meningite da meningococco
Riporto, per questa malattia, un esempio per tutti. Nel 1998 ci fu un’epidemia di meningite di tipo B in Brasile. Non essendoci alcun vaccino contro il meningococco di tipo B, per immunizzare 65.826 bambini, fu usato il nosode Meningococcinum. Altri 23.539 bambini non furono invece immunizzati. I due gruppi furono tenuti sotto osservazione per dodici mesi. L’efficacia dell’omeoprofilassi fu del 95% dopo sei mesi e del 91% dopo dodici mesi. Di questa esperienza esiste un resoconto preciso pubblicato nella rivista omeopatica Homoeopathic Links (9).
Leptospirosi (è una malattia infettiva acuta sistemica di tipo vasculitico, causata da spirochete del genere Leptospira, che sono trasmesse all’uomo da animali domestici e selvatici. I sintomi possono variare da lievi come mal di testa, dolori muscolari e febbre a gravi con emorragia dai polmoni o meningite; a volte c’è ittero e scompenso renale e morte). Nell’agosto 2007, il Finlay Institute 10del L’Avana, Cuba, per affrontare le epidemie di leptospirosi che annualmente, dopo il periodo dei tifoni e il conseguente inquinamento delle acque, e incapace, per mancanza di fondi, di allestire una campagna di vaccinazione con vaccini convenzionali, ripiegò su una “vaccinazione omeopatica” distribuendo due dosi di Leptospirosis nosode, da prendersi a distanza di due settimane, a due milioni e mezzo di persone, cioè agli abitanti di due province dell’isola. Dopo due settimane dalla somministrazione, il numero dei contagiati scese dell’84%, mentre nelle province dove non si era praticata l’omeoprofilassi, rimase ai valori delle epidemie degli anni precedenti. L’effetto protettivo si mantenne anche nell’anno successivo, nonostante non si fosse ripetuto il trattamento con il rimedio omeopatico. Anche nell’anno successivo il numero dei casi scese dell’84%, registrando nessun decesso, mentre nello stesso anno, tra i non trattati, salì del 22%.
Poliomielite
Il primo caso di omeoprofilassi per la poliomielite risale all’Ottocento, quando il dottor Grimmer di Chicago trattò in via preventiva 5.000 bambini con Lathyrus sativus, un rimedio ottenuto dai semi di un legume, la cicerchia. La profilassi ebbe successo e nessun bambino si ammalò. Partendo dalla sua esperienza, in più occasioni, Lathyrus sativus fu somministrato per proteggere dall’infezione: nel 1850 in Sud-Africa furono trattati 82 bambini e nessuno contrasse l’infezione; negli anni dal 1956 al 1958, il dottor Eisfelder somministrò in via profilattica Lathyrus sativus a 6.000 bambini e di questi nessuno si ammalò o manifestò effetti collaterali. Altre due epidemie di poliomielite, questa volta nella città di Buenos Aires in Argentina, furono controllate sempre usando lo stesso rimedio. Nella prima, nel 1957, furono trattati migliaia di bambini e non si ebbe nessun caso d’infezione. Nella seconda, nel 1975, 40.000 bambini furono protetti con Lathyrus sativus e nessuno di loro fu contagiato.
L’elenco delle malattie oggetto di campagne di omeoprofilassi documentate, con cifre e statistiche, è lungo e comprende il colera, la difterite, l’influenza, la malaria, l’encefalite giapponese, l’epatite, oltre alla scarlattina e al vaiolo ricordati all’inizio dell’articolo. Per ulteriori informazioni rimando agli articoli citati.

L’omeoprofilassi, da un punto di vista della durata della protezione, può essere distinta in:
omeoprofilassi a breve termine, quando c’è un pericolo immediato d’infezione e la necessità di ottenere una protezione in tempi brevi; gli esempi delle campagne vaccinali omeopatiche descritte sopra riguardano essenzialmente questo tipo di profilassi, con qualche eccezione come nel caso dell’esperienza di Cuba contro le epidemie di leptospirosi. In quel caso la somministrazione del nosode omeopatico aveva controllato il contagio anche nell’anno successivo.
omeoprofilassi a lungo termine, cioè una serie d’interventi atti a proteggere per lungo tempo.

L’omeoprofilassi a breve termine, oltre che in corso di epidemie, è senz’altro utile quando ci si reca in aree geografiche endemiche per certe malattie. In questi casi esistono vari tipi di “protocolli” da seguire prima della partenza. Gli interventi utilizzano o rimedi “simili” alla malattia o “rimedi nosodi” ottenuti dalle lesioni prodotte dalla malattia. Lo scopo è quello di “saturare” la suscettibilità individuale alla malattia e nel caso si contragga la malattia, questa avrà un andamento più lieve e la guarigione sarà velocizzata. Inoltre lo stesso rimedio, impiegato per la profilassi, può essere usato come cura della malattia.
Questi sono alcuni dei rimedi indicati:
Febbre Gialla, Dengue emorragico ed anche Ebola: Crotalus horridus
Febbre gialla: Nosode della Febbre Gialla
Epatite A: Phosphorus
Dengue: Eupatorium perfoliatum o Dengueinum
Tifo: Baptisia tinctoria oppure Thyphoidinum
Colera: Veratrum album, Cuprum metallicum, Camphora oppure Nosode Tossina del Colera.
Per quanto riguarda la Malaria, ci sono esperienze diverse. Ad esempio, si consiglia l’uso del Nosode della Malaria oppure la successione di singole dosi di vari rimedi distanziati da una settimana: Phosphorus, Arsenicum album, Natrum muriaticum e infine China officinalis.
Solitamente, tutti questi interventi dovrebbero essere completati almeno un mese prima della partenza, per poi prolungarli e mantenerli anche durante il viaggio o la permanenza nei luoghi “a rischio”, con una cadenza, all’incirca, di una dose ogni due settimane.
La potenza e la frequenza di somministrazione dei rimedi per l’omeoprofilassi devono tener conto di alcune variabili come il livello “energetico” della persona, delle sue capacità reattive e dalle probabilità di esposizione e dalla virulenza della malattia. Quindi di volta in volta si useranno dosi singole o frazionate di 200CH, 1000 o 10.000. La scelta del rimedio e della potenza non è un qualcosa che si può fare da soli, ma c’è bisogno dell’aiuto di un bravo omeopata.
Esiste poi l’omeoprofilassi a lungo termine, cioè che duri per un tempo più lungo. A questo proposito, è importante l’esperienza dell’australiano Isaac Golden, autore di libri sull’argomento. E’ anche un attivo ricercatore ed ha raccolto le osservazioni di vent’anni di uso dell’omeoprofilassi (12). Ha messo a punto un programma di omeoprofilassi e ne ha valutato l’efficacia nei bambini da lui trattati. Il suo programma risulta possedere una copertura pari al 90,4%.
E’ indubbio che, prima di proporre un’alternativa alle vaccinazioni convenzionali, sarebbe da considerare la reale necessità di proteggersi da certe malattie non letali, come la rosolia o il morbillo.

Tuttavia, si deve considerare che ci sono situazioni in cui può essere utile proporre un’alternativa. Ci sono pazienti, bambini e adulti immuno-depressi, che non sosterrebbero una vaccinazione convenzionale ma che potrebbero avvantaggiarsi con una protezione verso certe malattie. Penso ad esempio, agli over-65 cardiopatici o diabetici, cui ogni anno si prospetta la vaccinazione anti-influenzale. Oppure ai bambini già danneggiati dai vaccini cui può essere utile dare un’alternativa e una protezione per malattie che, poco pericolose per la gran parte dei soggetti, potrebbero essere per loro molto impegnative. Infine, l’omeoprofilassi può essere proposta a quei genitori che, anche se schierati contro le vaccinazioni, ancora temono certe malattie per i loro figli.
Molti esponenti della “scienza ufficiale” criticano l’efficacia dell’omeoprofilassi, asserendo che non sono mai stati condotti trials clinici randomizzati. Si potrebbe contestare che, in sé, i trials clinici randomizzati non sono una prova certa, tanto è vero che molti farmaci, che avevano superato questo tipo di valutazione, sono stati poi ritirati dal mercato perché inefficaci o, peggio, dannosi, in quanto causa di molti effetti avversi. Lo stesso problema si ha anche per i vaccini convenzionali che, superati questi test, poi all’atto pratico non manifestano grande efficacia di copertura oppure provocano molti e gravi effetti avversi.
Per concludere, i dati raccolti in più di due secoli di pratica omeopatica, che molto brevemente ho illustrato, insieme con l’assenza di rischi ed effetti collaterali, fanno dell’omeoprofilassi una valida alternativa alle vaccinazioni convenzionali. Dott.ssa Emma Pistelli


Tratto dal sito: https://www.bambinonaturale.it/2015/02/vaccini-omeopatici/

VACCINI OMEOPATICI (Seconda parte)



VACCINI OMEOPATICI
Storia e validitá
(Seconda parte)



L’omeopatia agisce rafforzando il sistema immunitario aspecifico o innato ed è mediante quest’azione di rinforzo che i rimedi omeopatici agiscono nel dare protezione alle malattie infettive. Non producono un più alto livello anticorpale, ma stimolano le difese aspecifiche dell’organismo (1).
A questo proposito, esistono, nella letteratura scientifica, alcuni studi che, se ancora lontani dal descrivere esattamente il meccanismo d’azione dei rimedi omeopatici, sono però abbastanza incoraggianti. Una delle difficoltà, nei vari modelli sperimentali in vitro e negli animali, è riuscire a tenere conto della legge di similitudine, che è un elemento fondante dell’omeopatia.  
Nonostante ciò, sono stati condotti esperimenti e si sono saggiate soluzioni ultra-diluite di rimedi omeopatici che, in modi diversi, hanno manifestato di agire sulle cellule dell’infiammazione e quindi dell’immunità aspecifica, come i macrofagi, i granulociti, i fibroblasti e i linfociti. Una review di queste ricerche, insieme con osservazioni originali, è contenuta in alcuni studi di Paolo Bellavite (2) che da anni studia gli effetti delle ultra-diluizioni in vitro e negli animali.

Quando nei libri di medicina si parla di “immunità” nei confronti di una certa malattia infettiva, ci si riferisce solitamente alla presenza di anticorpi specifici per quella malattia. Si distingue un’immunità naturale attiva, quando si hanno sufficienti anticorpi dopo aver contratto una malattia ed esserne guariti. L’immunità naturale è passiva quando gli anticorpi passano dalla madre al figlio in gravidanza, per via transplacentare, oppure con l’allattamento. E questa è una ragione in più per consigliare vivamente l’allattamento al seno.
Esiste poi un’immunità artificiale ed è quella che si ottiene con i vaccini, così come sono concepiti dalla medicina convenzionale, e con la sieroprofilassi. Mentre la sieroprofilassi, come quella che si pratica nel prevenire il tetano, dà un’immunità in tempi rapidi ma solo temporanea, di solo qualche settimana, l’immunità dei vaccini, perché si realizzi, richiede da due a sei mesi e dovrebbe essere permanente, cioè durare tutta la vita.

La realtà delle cose purtroppo non è così. Ad esempio, sembra che il vaccino contro la pertosse fornisca una protezione minima nei confronti della malattia. Nel 20143 in California si è assistito a un’epidemia che ha colpito i bambini di una vasta area geografica, dove il tasso di vaccinazione è del 95%. La protezione sarebbe minima anche esponendo i bambini a richiami ripetuti. Il Centro statunitense per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), raccomanda la vaccinazione ai bambini contro la pertosse prima di entrare all’asilo (5 iniezioni), e dopo un altro richiamo supplementare nel settimo anno di frequenza. Questi dati fanno riflettere. Perché se già l’idea di un vaccino può essere poco accettabile in ragione dei rischi, sicuramente non è accettabile correre questi rischi e non avere, come contropartita, una protezione permanente ed efficace verso quella malattia. Non esistendo una copertura permanente, a vita, c’è anche il rischio di essere contagiati in età adulta quando le complicanze di malattie, spesso innocue in età infantile, possono essere più gravi. Come accade per il morbillo, la rosolia o la parotite.

La risposta immunitaria ai vaccini, cioè la capacità di produrre anticorpi, può dipendere da più fattori, in parte legati al vaccino e in parte all’ospite. In passato, più volte è capitato che alcuni vaccini siano stati ritirati dal commercio perché non in grado di conferire un’immunizzazione efficace e adeguata. Un caso (4) è quello di un vaccino esavalente, l’Hexavac, prodotto dalla casa farmaceutica Sanofi Pasteur. Il 17 novembre 2005 la Commissione europea ha sospeso l’autorizzazione all’immissione in commercio, su raccomandazione del comitato dell’Agenzia per i medicinali per uso umano (CHMP), a causa del sospetto d’inefficacia nell’indurre protezione a breve e lungo termine nei confronti dell’epatite, mentre l’11 aprile 2012 Sanofi Pasteur MSD ha volontariamente ritirato l’autorizzazione all’immissione in commercio del vaccino Hexavac. Nel caso di questo vaccino, si contestava l’inefficacia nel produrre immunità contro l’Epatite B.
Oltre ad un difetto di progettazione e di preparazione, il vaccino può non essere efficace perché non è ben conservato ed è interrotta la “catena del freddo”.
Un difetto d’immunizzazione può dipendere anche dall’ospite, ci sono infatti i cosiddetti “non-responder”. Questi sono soggetti non in grado di produrre un titolo di anticorpi sufficientemente alto da proteggerli dall’infezione. Sempre nel caso del vaccino anti-Epatite B, si è visto che la probabilità di essere un “non-responder” aumenta dopo i 25 anni d’età e/o se vi sono alcuni fattori associati, come età, obesità, malattie croniche e fattori genetici (molecole HLA). In questi casi, si consiglia di fare altre tre inoculazioni di richiamo, ma non sempre questa pratica è seguita dall’immunizzazione.

In ogni caso, quando la risposta immunitaria al vaccino anti-Epatite B c’è, questa dura fino ai cinque anni, sebbene già dopo uno o due anni il titolo anticorpale scenda (5). Anche per altri vaccini, si è visto che il titolo anticorpale tende a diminuire.
Si dice che il poliovirus del vaccino abbia un’attività immunitaria sovrapponibile a quella del virus selvaggio, tuttavia numerosi studi epidemiologici rivelano livelli bassi o indosabili di anticorpi tra gli adolescenti.
Si dice che la protezione conferita dai vaccini anti-morbillo, anti-rosolia e anti-parotite sarebbe duratura. Purtroppo la mia esperienza mi dice che non sempre è vero. Alcuni miei piccoli pazienti autistici hanno fatto il dosaggio per gli anticorpi contro il morbillo e questi anticorpi avevano un titolo bassissimo, incapace di alcuna protezione.
Per concludere, potremmo dire che i vaccini convenzionali hanno molti punti di debolezza:
– espongono a gravi rischi sia nel breve che nel lungo termine: sono farmaci a tutti gli effetti e farmaci “pesanti” per la presenza, al loro interno, di molte sostanze tossiche;
non danno una copertura “permanente”, che duri cioè tutta la vita: il rischio di ammalarci in età adulta, con il rischio di complicanze gravi, è reale;
– spesso i vaccini non danno neppure un’immunità nell’età infantile a meno che non si attui una serie di richiami ravvicinati, come dimostra l’esperienza americana.
– Mettono in squilibrio il sistema immunitario riducendo le possibilità di una difesa naturale dalle malattie. Più fonti confermano che i bambini non vaccinati, in assoluto, si ammalano meno dei bambini vaccinati.
Non esistono studi sugli effetti a lungo termine dei vaccini e quindi anche la scienza ufficiale ignora le conseguenze dopo venti, trent’anni.
– I vaccini determinano una selezione naturale di certi ceppi virali o batterici, che da innocui o scarsamente patogeni, stanno diventando i protagonisti negativi di nuove e pericolose malattie, come sarà discusso in un altro capitolo. Terza parte




DANNI DA METALLI PESANTI



I DANNI CAUSATI DAI METALLI PESANTI
 

Mentre l’arca di Noè ha iniziato ad affondare, solo pochi sembrano capire quanto costi il peso dell’inquinamento. Nell’anno 2025 la metà di tutti gli animali superiori e un terzo di tutte le specie di piante saranno morti. Alci, lupi, tigri, elefanti, foche,castori,aquile, gufi, cicogne, cornacchie ecc. si trovano già nel reparto di cure intensive e la loro sepoltura è vicina. «Il pesce è salute», affermano i cardiologi da anni, e pensano ai pregiati acidi lipoici o- mega 3 contenuti nell’olio di pesce. Se poi il pesce viene dal mar Baltico la sua utilità per la salute è dubbia. I pesci grassi del Baltico, come aringhe e salmoni, contengono alte quantità di diossine e di dibenzofurano. Non solo siamo sommersi dai veleni, ma siamo anche soggetti a carenza di oligoelementi.

METALLI PESANTI TOSSICI

Anche gli avvelenamenti cronici possono modificare la situazione psichica (per esempio il cambiamento di carattere dell’alcoolizzato). Non solo l’alcool, ma anche altre tossine possono influenzare la psiche in modo persistente. È generalmente risaputo che intossicazioni croniche di metalli pesanti possono provocare gravi disturbi psichici. Finora per non era noto che queste alterazioni psichiche fossero da attribuire anche a danni sub- sintomatici (depressione, alta labilità emozionale, alto potenziale aggressivo, disturbi del sonno) causati da metalli pesanti tossici. Le alterazioni psichiche di un’intossicazione cronica da mercurio (vaccini) sono conosciute e si possono leggere in ogni testo di tossicologia: eccessiva irritabilità, insufficienza di concentrazione, disartria e depressioni sono le più frequenti. Un’intossicazione da mercurio impedisce la difesa immunitaria contro le malattie. Il mercurio, contenuto nell’amalgama delle otturazioni dentarie agisce in modo dannoso sul sistema immunitario, il quale subisce una riduzione delle funzioni di difesa dalle malattie e di difesa dalla carcinogenesi. La gravità del danno psichico corrisponde alla gravità del danno da metalli pesanti. Ma anche i risultati terapeutici indicano in modo inconfondibile che il deposito di metalli pesanti nel sistema nervoso centrale e non la carenza di zinco è responsabile della variazione del comportamento psichico.

DISINTOSSICAZIONE

Terapie arricchite con i seguenti farmaci hanno portato notevoli miglioramenti: Galium-Heel, Hepeel, Psorinoheel, Lymphomyosot, Ubichinon compositum, Coenzyme compositum, Echinacea compositum, Acidum L lacticum Injeel, Vit. B12 Injeel.
Si raggiunge così una rigenerazione delle funzioni cellulari disturbate e inibite. Nel momento di massima escrezione si ottiene anche il risanamento psichico.
Danni del fegato
Secondo una osservazione superficiale i veleni ambientali colpiscono un solo sistema organico.
Per esempio, risultano tossici per il fegato: l’alcool, gli idrocarburi clorurati, i tetracloruri di carbonio(solventiperi grassi), il naftalene (industria elettrica), il nitrobenzolo (industria dei coloranti).
Tuttavia anche i processi di regolazione dell’intero organismo ne risentono. Nel fegato le intossicazioni portano a un’insufficienza cellulare epatica funzionale, e se i disturbi funzionali sono gravi, si possono verificare alterazioni morfologiche.
Per la rigenerazione e la stimolazione del fegato servono i seguenti preparati:
Hepeel (compr. e fiale)
Arnica comp. (compr. e fiale)
Lycopodium comp.(fiale)
Coenzyme comp. (fiale)
Ubichinon comp. (fiale)
Hepatitis-Nosode-Injeel (fiale)
Lycopodium-Injeel (fiale)


ACIDOSI E ALCALOSI

Come esempio ricordiamo l’alcalosi e l’acidosi. Il corpo tende sempre a secernere gli acidi, mantenendo quindi un equilibrio acido-basico. Se il pH del sangue si sposta in ambiente acido, gli eritrociti perdono la capacità di cambiare la loro morfologia, una qualità necessaria per il passaggio negli stretti capillari dell’alveo terminale. Le acidosi quindi causano disturbi della microcircolazione che portano a carenza di ossigeno: il sistema si ammala. Non solo la zona dei capillari, ma anche i reni si ammalano in condizioni di acidità: per esempio non riescono più ad espellere acido urico in sufficiente quantità. Perció l’acido urico in eccesso si ferma nel tessuto connettivo: la persona si ammala di gotta.

TUTTO DIPENDE DA UN INTESTINO SANO

Tutte le sostanze, e quindi anche tutti i veleni che vengono ingeriti oralmente, devono superare la barriera intestinale prima di arrivare al corpo. La mucosa intestinale e la flora intestinale simbiotica stanno per così dire in prima linea nella difesa immunitaria generale. Perció ogni malattia si puó, entro certi limiti, evitare, se si risana la barriera intestinale, si normalizza la composizione della flora intestinale e così facendo si rafforza il sistema immunitario generale. Le sostanze riassorbite, dopo la barriera intestinale, devono superare un altro ostacolo prima di raggiungere la cellula: il tratto tra l’endotelio vasale e la membrana cellulare. Il valore del pH che qui domina determina la velocità con cui le sostanze vengono trasportate. In questa zona sono presenti i linfociti per neutralizzare le tossine con la formazione di anticorpi e gli immunocomplessi che vengono assorbiti dai fagociti e disgregati.



VACCINI OMEOPATICI (Prima parte)




 VACCINI OMEOPATICI
Storia e validità
(Prima parte)


Esistono alternative efficaci ai vaccini, e senza i rischi di reazioni avverse delle vaccinazioni “classiche”?

In questo articolo della dottoressa Emma Pistelli, Medico Omeopata, pubblicato sul sito di ASsis, andiamo alla scoperta dell’omeoprofilassi e dei vaccini omeopatici.
L’omeoprofilassi, anche detta profilassi omeopatica, può definirsi come l’impiego di rimedi omeopatici, opportunamente diluiti e dinamizzati, per prevenire la diffusione delle malattie infettive.
Nei libri di medicina, la malattia infettiva è l’insieme di sintomi e lesioni patologiche che si determinano a causa di un agente infettante esterno, virus o batterio, che si è reso capace di penetrare all’interno di un organismo e di moltiplicarsi, provocando alterazioni tali da compromettere lo stato di salute. Le malattie infettive si trasmettono da un individuo malato a un individuo sano, mediante il contagio, cioè un contatto che può essere diretto o mediato da un veicolo, come l’acqua, l’aria o il cibo.
Tuttavia la malattia infettiva non è la conseguenza automatica di ogni esposizione all’agente infettivo, ma dipende anche dalla capacità di difesa e di reazione dell’organismo oggetto del contagio. Nel determinare la malattia entrano in gioco due ordini di fattori, che interagiscono tra loro: la patogenicità e la virulenza dell’agente infettante da una parte e il grado di resistenza dell’individuo ospite. Le specie microbiche o virali, che abbiano sviluppato strategie di adattamento atte a parassitare e a infettare un determinato ospite, sono dette patogene. Ad esempio, il Vibrio cholerae è patogeno per l’uomo mentre altri microrganismi lo sono per altre specie.
All’interno di una specie di microrganismi patogeni, si riconoscono ceppi più o meno virulenti. La virulenza misura la forza di provocare un danno. Per ogni agente infettante si riconoscono vari fattori di virulenza, cioè meccanismi in grado di assicurare loro la penetrazione e la moltiplicazione all’interno dell’organismo. Sono fattori che impediscono ai microrganismi di essere allontanati meccanicamente dalla detersione fisiologica delle mucose e della cute oppure che riducono la fagocitosi dell’ospite, producendo proteine sulla membrana cellulare oppure costruendo un guscio di polisaccaridi. In altri casi secernono enzimi come la coagulasi o la jaluronidasi, che ne permettono la diffusione nei tessuti dell’ospite. Un altro elemento da considerare è che non tutti gli agenti infettanti sono in grado di danneggiare tutti i tessuti, ma manifestano una sorta di tropismo particolare, come accade per lo Streptoccoccus mutans che attacca i denti, ma non danneggia la lingua.

L’altro attore, nella determinazione della malattia, è costituito dalla capacità di difesa dell’ospite, cioè dal suo sistema immunitario. Nel sistema immunitario si riconoscono due componenti: il sistema immunitario innato o non specifico, che costituisce la prima linea di difesa dell’organismo, e il sistema immunitario adattativo o specifico, che rappresenta invece la seconda linea difensiva. In entrambe le componenti intervengono meccanismi di difesa umorali e cellulari. Inoltre, ogni componente interagisce con l’altra.
Per dare un’immagine, potremmo dire che il sistema immunitario aspecifico o innato funziona come i fossati e le mura che proteggono un castello, mentre il sistema immunitario specifico o adattativo agisce in un secondo tempo ed è simile ai soldati che interverranno a difesa del castello, dopo che saranno state violate le mura. L’immagine è ancora più calzante se si pensa che gran parte dell’efficacia di questa componente del sistema immunitario risiede nell’integrità anatomica e fisiologica di cute e mucose.
Quindi il sistema immunitario aspecifico o innato entra in azione molto rapidamente, senza tempi di latenza tra aggressione e risposta. Agisce accumulando cellule immuno-competenti nel sito dell’aggressione, grazie alla produzione di fattori chimici specifici come le citochine; attiva la cascata del complemento che aumenta la permeabilità dell’endotelio dei vasi, attira le cellule dell’infiammazione e neutralizza le cellule morte; elimina le sostanze estranee presenti nei tessuti mediante cellule della serie bianca del sangue; infine stimola l’attivazione del sistema immunitario specifico grazie ad un processo noto come presentazione dell’antigene.

Un limite del sistema immunitario aspecifico o innato è quello che, nonostante intervenga in ogni caso di aggressione, non è in grado di discriminare con cosa viene in contatto, non conserva una memoria specifica dell’agente infettivo e non è potenziato dalla successiva esposizione allo stesso agente. All’opposto, il sistema immunitario specifico o adattativo è antigene-specifico e reagisce solo con il microrganismo con cui è venuto in contatto in passato: ha, verso questo, una sorta di memoria e quindi la capacità di riattivarsi.
Non è mia intenzione approfondire i meccanismi d’azione del sistema immunitario. Semplicemente vorrei far notare la complessità degli interventi che il nostro organismo attua nel difendersi prima ancora di reclutare plasmacellule e anticorpi.
Questa “prima linea” difensiva è fondamentale ma spesso è limitata dall’azione di farmaci che ne deprimono l’azione. Al primo posto ci sono i corticosteroidi, che inibiscono non solo i segni clinici dell’infiammazione, ma indeboliscono l’azione delle tante cellule e molecole predisposte. Anche i vaccini convenzionali, producono uno squilibrio analogo, dato che stimolano oltre misura la componente specifica e deprimono la componente aspecifica o innata. Tornando all’immagine del castello e delle mura, è come se la difesa fosse affidata a truppe scelte, dotate di armi tecnologicamente sofisticate, ma che, distrattamente lasciassero aperto il portone del castello e abbassassero il ponte levatoio.
Altra cosa da ricordare è che l’esposizione agli agenti patogeni dei vaccini è fatta seguendo vie innaturali, sia per l’agente infettante sia per l’organismo che riceve la vaccinazione. La natura aveva previsto altre vie di esposizione, come respiro o ingestione, che sono tranquillamente by-passate, mediante l’inoculazione parenterale, dai vaccini. Seconda parte





AUTISMO



 CASI AVVERSI DELLE VACCINAZIONI


Questa materia è senz’altro una delle più spinose ed impegnative, sia in termini di raccolta dei dati che di valutazione clinica dei casi, soprattutto quando lo sviluppo di determinate patologie non può essere chiaramente attribuito in termini strettamente temporali alla somministrazione di un vaccino.
 
La materia è peraltro già stata ampiamente definita al capitolo dedicato ai danni da vaccino: in questa sezione si tratta di identificare i possibili meccanismi di monitoraggio e registrazione dell’incidenza sulla popolazione – a partire dalle comunità infantili – delle patologie in qualche modo associabili alla somministrazione dei vaccini e raggruppabili nelle categorie summenzionate. 

Le strutture sanitarie preposte al controllo e alla registrazione degli eventi legati alle malattie infettive possono e devono poter registrare con pari zelo e cura tali patologie, affinché possa essere veramente possibile elaborare in modo scientifico il cosiddetto bilancio “costo/beneficio delle vaccinazioni.

Finché si useranno due pesi e due misure in questo settore, qualsiasi dato di bilancio sarà da ritenersi inattendibile perché incompleto e non rispondente alla realtà: ovviamente in questo bilancio dovranno essere parimenti inseriti i costi che la comunità sarà chiamata a sostenere per il sostegno ed il recupero dei soggetti danneggiati dalle vaccinazioni.
Si vuole sottolineare ancora una volta il carattere peculiare che l’amministrazione scolastica ha nel rivestire un ruolo di primo piano in questo scenario: prendiamo spunto a tale proposito dal documento “Autistic Spectrum Disorders”, 2002, California Department of Developemental Services (www.dds.ca.gov), per indicare una possibile strategia operativa nel seguire i bambini ed i ragazzi nel loro sviluppo scolastico progressivo, individuando in modo scientifico tutte quelle situazioni di crisi che emergono dal loro rendimento, anno per anno. 

La scuola rappresenta un momento topico per l’espressione delle potenzialità intellettive, dei comportamenti, dello stato di salute psicofisica e delle capacità espressive generali della persona umana in divenire: ed è in tale contesto che possiamo vedere chiaramente l’impatto di determinate politiche socio sanitarie sulle generazioni presenti e future.
Il documento a cui facciamo riferimento si occupa in particolare di Autismo: un tempo raro, l’autismo ha raggiunto proporzioni epidemiche negli Stati Uniti. L’incremento non può essere attribuito all’evoluzione dei criteri diagnostici, anche se questi sono diventati attualmente più restrittivi.
 
L’aumento dei soggetti affetti da questa grave patologia avrà un enorme effetto non solo come maggior onere per le strutture scolastiche ma anche sull’economia nel momento in cui questi bambini saranno degli adulti. 
L’esplosione dei casi di autismo a partire dal 1994 è stata impressionante: a partire dai 644 nuovi casi, nel giro di 5 anni (1999) il numero dei nuovi casi era salito a 1,944, ovvero 6 nuovi casi al giorno per 7 giorni alla settimana. I nuovi casi salirono a 2,725 nel 2001 e 3,577 nel 2002, ovvero 10 nuovi casi al giorno. 

L’autismo è diventata l’invalidità predominante in California per quanto concerne l’accesso ai servizi sanitari. Secondo il più recente rapporto sull’autismo di questo stato (marzo 2003), i casi di autismo del tipo I sono aumentati del 97% negli ultimi quattro anni, in confronto al 16% dei casi di paralisi cerebrale e del 29% dei casi di ritardo mentale.
Lo stesso andamento è riscontrabile anche negli altri stati ed è stata ben documentata recentemente a Rhode Island, dove proporzionalmente l’incremento annuale dell’autismo è stato sostanzialmente più grande dell’aumento dei disturbi del comportamento e di tutte le inabilità complessivamente.
 
Fino ad oggi, sebbene il CDC (USA) non conosca le cause dell’autismo e i sintomi neurologici, endocrini, gastrointestinali e immunitari, appare fermamente determinato a negare qualsiasi potenziale ruolo del vaccino MPR e dei conservanti a base di mercurio, senza produrre al suo interno alcuno studio di carattere clinico. La possibilità che il mercurio possa colpire il sistema immunitario di alcuni bambini geneticamente predisposti e far scattare conseguentemente l’autismo a fronte della loro esposizione al vaccino MPR non è mai stata esclusa in via definitiva.

Senza dubbio, parlando solo di Autismo, queste sono cifre impressionanti: non entriamo qui nel merito di altre patologie altrettanto invalidanti o perlomeno limitanti le potenzialità cognitive dell’individuo, come l’ADHD (sindrome da deficit attentivo), la dislessia, la disgrafia e altre patologie collegate a disturbi del SNC.








Nuovi vaccini combinati


 VACCINI COMBINATI


Oggigiorno, i vantaggi dei vaccini combinati sono ritenuti:

Semplicità d’uso,
Migliore accettazione da parte di chi li riceve e di chi li somministra,
Minori costi dei programmi di vaccinazione (per un minor numero di inoculazioni).
Questi fattori favorevoli hanno favorito il successo dei vaccini combinati attualmente in uso sempre maggiore in tutto il mondo.
Va premesso che non tutti gli Autori sono a favore dei vaccini combinati, perché aumentano il rischio degli effetti indesiderati da vaccino. Infatti, ogni combinazione vaccinale dovrebbe essere giustificata da una documentazione che ne dimostri i vantaggi o comunque gli eventuali benefici rispetto gli stessi vaccini usati singolarmente. 

Ogni combinazione deve inoltre dimostrare di disporre di:

Studi di qualità,
Studi di stabilità,
Studi di sicurezza,
Studi di tollerabilità clinica,
Studi di efficacia/immunogenicità,
Studi farmaceutici per stabilire la corretta stabilità e compatibilità tra i vari componenti biologici del vaccino combinato con garanzia di esclusione di interazioni con conservanti, eccipienti, adiuvanti.
 
Nei vaccini combinati, infatti, non sono rare le interazioni che possono indurre un aumento o una diminuzione della risposta immunitaria rispetto quella che ci sarebbe stata con la somministrazione di un singolo antigene. Queste interazioni sono quasi sempre di tipo immunitario, ma possono anche sorgere interazioni chimiche e/o fisiche (nei vaccini vivi ci può essere un’interferenza tra i vari ceppi virali usati in combinazione che può ridurre la proliferazione di uno o più ceppi vaccinici con la conseguente riduzione della risposta immunitaria).
 
Per esempio:
La vaccinazione antipoliomielitico orale richiede 3 somministrazioni per raggiungere la piena immunizzazione a causa delle mutue interferenze tra i tre virus che compongono il vaccino;
 
Il vaccino antimorbilloso e antiparotitico (dell’MPR) sono caratterizzati da un’interferenza tra i due virus con conseguente ridotta risposta immunitaria al virus della parotite;
 
Nel vaccino batterico tetravalente (antifterico-antitetanico-antipertossico-antiemofilo B) si è visto che c’è una aumentata risposta anticorpale alla tossina antitetanica e alla componente antiemofila con possibili effetti indesiderati pari a quelli che si avrebbero avuti usando dosi eccessive ma singole degli antigeni in questione.
 
In genere, di tutti questi studi farmaceutici e biologici non compare traccia nelle schede tecniche “riservate”. Al massimo, compaiono delle affermazioni molto vaghe come la seguente: “Non ci sono dati in merito all’efficacia e alla sicurezza della somministrazione concomitante del vaccino X con un vaccino virale vivo contro il morbillo, la parotite e la rosolia. Ad oggi non sono disponibili dati sufficienti sull’immunogenicità della somministrazione concomitante del vaccino X con il vaccino pneumococcico polisaccaridico coniugato adsorbito” (tratto dalla scheda tecnica di un vaccino esavalente).
 
Infine, non va scordato che i vaccini combinati sono delle complesse miscele formate, oltre che da antigeni (batterici o virali), da conservanti, adiuvanti, stabilizzanti e spesso dei contaminanti derivati dalla fermentazione delle colture cellulari e/o da altri processi della lavorazione vaccinale e spesso i NUOVI VACCINI combinati contengono dei nuovi adiuvanti (lipide A detossificato, liposomi, microsfere, emulsioni, saponine, muramil-peptidi) e necessitano pertanto di nuovi studi preclinici e clinici (specie di farmacovigilanza) che ne dimostrino l’innocuità, perché potrebbero sorgere nuove allergie e/o effetti indesiderati verso queste sostanze non ancora sufficientemente sperimentate.
 







Vaccini. La denuncia delle reazioni avverse.


DENUNCIAMO



La denuncia dei casi di reazione avversa da vaccino deve essere fondamentalmente libera, alla stregua di quanto avviene normalmente negli USA con il sistema VAERS. Tutti possono intervenire nel riportare reazioni avverse ai vaccini in questo sistema di raccolta dati: CDC (Center of Disease Control) ed FDA (Food and Drug Administration) che gestiscono i dati raccolti incoraggiano chiunque a segnalare tali eventi avversi anche nel caso che questi non siano apparentemente connessi al vaccino somministrato. Quante più informazioni sono rese disponibili in questo campo e tanto migliore sarà il sistema di controllo sui vaccini e, di conseguenza, la loro sicurezza.
 
Il sistema di registrazione degli effetti indesiderati da vaccino della US Vaccine Adverse Events Reporting System (VAERS) riceve circa 11.000 segnalazioni/anno di reazioni avverse da vaccino: circa l’1% sono denunce di morte. La maggior parte di queste segnalazioni sono fatte da Medici (solo il 2% proviene direttamente dai genitori dei bambini vaccinati).
Questo dato, e cioè che i vaccini possano portare a morte, è allarmante già da solo, se si pensa che i vaccini vengono somministrati a bambini praticamente sani, ma per quanto drammatico, si può tranquillamente dire che è solo la punta dell’iceberg dei danni da vaccini.
 
È anche interessante notare come le Compagnie di Assicurazione americane (che fanno i migliori studi statistici sulle responsabilità) rifiutino di coprire le reazioni avverse da vaccino.
Nel nostro paese manca questa cultura: è necessario introdurla nel segno della massima trasparenza e tutela del cittadino, in particolare verso i neonati. 

Medici ed operatori sanitari devono avere un atteggiamento di massima trasparenza ed apertura verso le segnalazioni che ricevono per dar corso ad una completa e corretta diagnosi dell’evento avverso, senza alcuna pregiudiziale o chiusura preconcetta, ma semplicemente rendendo tale processo un dato puramente oggettivo, separando all’atto della registrazione gli aspetti di indagine clinica dal puro e semplice manifestarsi di determinati sintomi in concomitanza o in relazione temporale possibile alla vaccinazione.

D’altra parte libera denuncia da parte dei genitori era tra le prerogative riconosciute a questi con il Decreto Ministeriale 12 dicembre 2003, (G.U. n. 36 del 13/02/2004) che ha portato alla definizione della scheda di segnalazione unica di reazione avversa da farmaci (ADR), che poteva avvenire tramite modello in all. 4 della suddetta norma e denominato “Modello di scheda per la comunicazione di effetti indesiderati dal cittadino”. 

Questo modulo deve poter essere migliorato nei contenuti, introducendo al suo interno una serie di sintomatologie specifiche e riscontrate fra le reazioni avverse vaccino e riscontrabili facilmente dai genitori prima di rivolgersi al medico curante e/o pediatra di libera scelta. Il modulo stesso inoltre deve essere consegnato alla famiglia subito dopo la somministrazione del vaccino e deve contenere i dati del soggetto vaccinato oltre a quelli essenziali relativi al vaccino somministrato, ovvero:
Identificazione del soggetto vaccinato, età compresa,
Esito della visita pediatrica preliminare alla vaccinazione,
Indicazione della dose di vaccino somministrata (prima, seconda, richiamo, ecc.),
Data e ora di somministrazione,
Tipo di vaccinazioni somministrate,
Nome commerciale del prodotto e ditta produttrice,
Numero di lotto e numero di serie,
Data di scadenza del prodotto,
Identificazione del medico vaccinatore,
Identificazione della struttura nella quale viene effettuata la somministrazione.

 

La famiglia deve essere debitamente sensibilizzata nel poter riconoscere i possibili sintomi di reazione avversa, senza inutili allarmismi ma anche senza minimizzare pericolosamente possibili indicatori. Qualunque sospetta reazione avversa dell’organismo successiva alla vaccinazione va presa in attenta considerazione: non esistono false reazioni avverse ma tutte le reazioni avverse devono essere sospettate, denunciate, attentamente studiate ed adeguatamente contrastate.
Reazioni avverse possono manifestarsi dopo qualunque vaccinazione e possono comparire subito dopo l’inoculazione o dopo tempi molto variabili.
 

L’elenco delle possibili reazioni avverse è lunghissimo e sarà sempre incompleto.
Inoltre, il soggetto vaccinato deve conservare una vera e propria cartella clinica che lo accompagni nel percorso dell’intero ciclo vaccinale: tale cartella, oltre a riportare tutti i dati essenziali di cui al capoverso precedente, conterrà anche tutte le anamnesi post vaccinali dell’intero ciclo e dovrà permettere al medico vaccinatore, ovvero al pediatra di libera scelta di decidere in via preliminare alla somministrazione del vaccino se e come procedere con la somministrazione della dose stessa: ovviamente il verificarsi di episodi di reazione avversa in coincidenza alle dosi precedenti dovrà costituire elemento pregiudiziale al proseguimento del ciclo vaccinale almeno fino a quando tali episodi non siano stati pienamente chiariti da una indagine clinica approfondita e pienamente accettata dagli esercenti la potestà genitoriale del soggetto vaccinato quando questi sia un minore.
 

Per una più corretta ed effettiva valutazione delle cause scatenanti una reazione avversa dovrà essere riconsiderata la politica attuale della somministrazione di dosi multiple di vaccino nella stessa seduta (vaccini combinati).