VACCINI OMEOPATICI
Storia e validitá
(Seconda parte)
(Seconda parte)
L’omeopatia agisce rafforzando il sistema immunitario aspecifico o innato ed è mediante quest’azione di rinforzo che i rimedi omeopatici agiscono nel dare protezione alle malattie infettive. Non producono un più alto livello anticorpale, ma stimolano le difese aspecifiche dell’organismo (1).
A questo proposito, esistono, nella letteratura scientifica, alcuni studi che, se ancora lontani dal descrivere esattamente il meccanismo d’azione dei rimedi omeopatici, sono però abbastanza incoraggianti. Una delle difficoltà, nei vari modelli sperimentali in vitro e negli animali, è riuscire a tenere conto della legge di similitudine, che è un elemento fondante dell’omeopatia.
Nonostante ciò, sono stati condotti esperimenti e si sono saggiate soluzioni ultra-diluite di rimedi omeopatici che, in modi diversi, hanno manifestato di agire sulle cellule dell’infiammazione e quindi dell’immunità aspecifica, come i macrofagi, i granulociti, i fibroblasti e i linfociti. Una review di queste ricerche, insieme con osservazioni originali, è contenuta in alcuni studi di Paolo Bellavite (2) che da anni studia gli effetti delle ultra-diluizioni in vitro e negli animali.
Quando nei libri di medicina si parla di “immunità” nei confronti di una certa malattia infettiva, ci si riferisce solitamente alla presenza di anticorpi specifici per quella malattia. Si distingue un’immunità naturale attiva, quando si hanno sufficienti anticorpi dopo aver contratto una malattia ed esserne guariti. L’immunità naturale è passiva quando gli anticorpi passano dalla madre al figlio in gravidanza, per via transplacentare, oppure con l’allattamento. E questa è una ragione in più per consigliare vivamente l’allattamento al seno.
Esiste poi un’immunità artificiale ed è quella che si ottiene con i vaccini, così come sono concepiti dalla medicina convenzionale, e con la sieroprofilassi. Mentre la sieroprofilassi, come quella che si pratica nel prevenire il tetano, dà un’immunità in tempi rapidi ma solo temporanea, di solo qualche settimana, l’immunità dei vaccini, perché si realizzi, richiede da due a sei mesi e dovrebbe essere permanente, cioè durare tutta la vita.
La realtà delle cose purtroppo non è così. Ad esempio, sembra che il vaccino contro la pertosse fornisca una protezione minima nei confronti della malattia. Nel 20143 in California si è assistito a un’epidemia che ha colpito i bambini di una vasta area geografica, dove il tasso di vaccinazione è del 95%. La protezione sarebbe minima anche esponendo i bambini a richiami ripetuti. Il Centro statunitense per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), raccomanda la vaccinazione ai bambini contro la pertosse prima di entrare all’asilo (5 iniezioni), e dopo un altro richiamo supplementare nel settimo anno di frequenza. Questi dati fanno riflettere. Perché se già l’idea di un vaccino può essere poco accettabile in ragione dei rischi, sicuramente non è accettabile correre questi rischi e non avere, come contropartita, una protezione permanente ed efficace verso quella malattia. Non esistendo una copertura permanente, a vita, c’è anche il rischio di essere contagiati in età adulta quando le complicanze di malattie, spesso innocue in età infantile, possono essere più gravi. Come accade per il morbillo, la rosolia o la parotite.
La risposta immunitaria ai vaccini, cioè la capacità di produrre anticorpi, può dipendere da più fattori, in parte legati al vaccino e in parte all’ospite. In passato, più volte è capitato che alcuni vaccini siano stati ritirati dal commercio perché non in grado di conferire un’immunizzazione efficace e adeguata. Un caso (4) è quello di un vaccino esavalente, l’Hexavac, prodotto dalla casa farmaceutica Sanofi Pasteur. Il 17 novembre 2005 la Commissione europea ha sospeso l’autorizzazione all’immissione in commercio, su raccomandazione del comitato dell’Agenzia per i medicinali per uso umano (CHMP), a causa del sospetto d’inefficacia nell’indurre protezione a breve e lungo termine nei confronti dell’epatite, mentre l’11 aprile 2012 Sanofi Pasteur MSD ha volontariamente ritirato l’autorizzazione all’immissione in commercio del vaccino Hexavac. Nel caso di questo vaccino, si contestava l’inefficacia nel produrre immunità contro l’Epatite B.
Oltre ad un difetto di progettazione e di preparazione, il vaccino può non essere efficace perché non è ben conservato ed è interrotta la “catena del freddo”.
Un difetto d’immunizzazione può dipendere anche dall’ospite, ci sono infatti i cosiddetti “non-responder”. Questi sono soggetti non in grado di produrre un titolo di anticorpi sufficientemente alto da proteggerli dall’infezione. Sempre nel caso del vaccino anti-Epatite B, si è visto che la probabilità di essere un “non-responder” aumenta dopo i 25 anni d’età e/o se vi sono alcuni fattori associati, come età, obesità, malattie croniche e fattori genetici (molecole HLA). In questi casi, si consiglia di fare altre tre inoculazioni di richiamo, ma non sempre questa pratica è seguita dall’immunizzazione.
In ogni caso, quando la risposta immunitaria al vaccino anti-Epatite B c’è, questa dura fino ai cinque anni, sebbene già dopo uno o due anni il titolo anticorpale scenda (5). Anche per altri vaccini, si è visto che il titolo anticorpale tende a diminuire.
Si dice che il poliovirus del vaccino abbia un’attività immunitaria sovrapponibile a quella del virus selvaggio, tuttavia numerosi studi epidemiologici rivelano livelli bassi o indosabili di anticorpi tra gli adolescenti.
Si dice che la protezione conferita dai vaccini anti-morbillo, anti-rosolia e anti-parotite sarebbe duratura. Purtroppo la mia esperienza mi dice che non sempre è vero. Alcuni miei piccoli pazienti autistici hanno fatto il dosaggio per gli anticorpi contro il morbillo e questi anticorpi avevano un titolo bassissimo, incapace di alcuna protezione.
Per concludere, potremmo dire che i vaccini convenzionali hanno molti punti di debolezza:
– espongono a gravi rischi sia nel breve che nel lungo termine: sono farmaci a tutti gli effetti e farmaci “pesanti” per la presenza, al loro interno, di molte sostanze tossiche;
– non danno una copertura “permanente”, che duri cioè tutta la vita: il rischio di ammalarci in età adulta, con il rischio di complicanze gravi, è reale;
– spesso i vaccini non danno neppure un’immunità nell’età infantile a meno che non si attui una serie di richiami ravvicinati, come dimostra l’esperienza americana.
– Mettono in squilibrio il sistema immunitario riducendo le possibilità di una difesa naturale dalle malattie. Più fonti confermano che i bambini non vaccinati, in assoluto, si ammalano meno dei bambini vaccinati.
– Non esistono studi sugli effetti a lungo termine dei vaccini e quindi anche la scienza ufficiale ignora le conseguenze dopo venti, trent’anni.
– I vaccini determinano una selezione naturale di certi ceppi virali o batterici, che da innocui o scarsamente patogeni, stanno diventando i protagonisti negativi di nuove e pericolose malattie, come sarà discusso in un altro capitolo. Terza parte